lunedì 30 settembre 2013

Premio Campiello 2013

Anche quest'anno mi è capitata sott'occhio la pubblicità della serata finale del Premio Campiello, andata in onda su Rai5 e Rai3 il 7 settembre. Ovviamente mi sono dimenticata di guardarla...
In ogni caso avevo conservato la pagina del Sole24ore in cui venivano citati i finalisti, casomai mi venisse in mente di leggere qualcuno dei libri candidati eh eh.

Eccoli qui i vincitori quindi.

Primo premio a "L'amore graffia il mondo" di Ugo Riccarelli.



È come se portasse il destino nel nome, Signorina: suo padre, capostazione in un piccolo paese di provincia, l'ha chiamata così ispirandosi al soprannome di una locomotiva di straordinaria eleganza. E creare eleganza, grazia, bellezza è il suo talento. Un giorno dal treno sbuca un omino con gli occhi a mandorla e, con pochi semplici gesti, crea un vestitino di carta per la sua bambola. L'omino scompare, ma le lascia un dono, un dono che lei scoprirà di possedere solo quando una sarta assisterà a una delle sue creazioni. Potrebbe essere l'atto di nascita di una grande stilista, ma ci sono il fascismo, la povertà e gli scontri in famiglia, le responsabilità, i divieti e poi la guerra... e Signorina poco a poco rinuncia a parti di se stessa, a desideri e aspirazioni, soffocando anche la propria femminilità, con una generosità istintiva e assoluta. E quando infine anche lei, quasi all'improvviso, si scopre donna e conosce l'amore, il sogno dura comunque troppo poco, sopraffatto da nuovi doveri e nuove fatiche, e dalla prova più difficile: un figlio nato troppo presto e nato malato, costretto a "succhiare aria" intorno a sé come un ciclista in salita. Nonostante i binari della ferrovia siano ormai lontani e la giovinezza lasci il posto a una maturità venata di nostalgia, ancora una volta Signorina sfodera il suo coraggio e la sua determinazione al bene e lotta per far nascere suo figlio una seconda volta, forte e capace di respirare da solo.

Secondo posto per "L'ultimo ballo di Charlot" di Fabio Stassi

 

 

In una sera di Natale la Morte va a trovare Charlie Chaplin nella sua casa in Svizzera. Il grande attore e regista ha passato gli ottant'anni ma ha un figlio ancora piccolo e vorrebbe vederlo crescere accanto a sé. In un lampo di coraggio Chaplin propone un patto alla Vecchia Signora: se riuscirà a farla ridere si sarà guadagnato un anno di vita. Inizia così un singolare balletto con la Morte, e quella notte a salvarlo non sarà la tecnica consumata dell'attore ma la comicità involontaria che deriva dagli impacci dell'età. La questione però è solo rinviata: anno dopo anno, a Natale, la Vecchia tornerà a reclamarlo e bisognerà trovare il modo di suscitarle almeno una risata. Nell'attesa dell'incontro fatale Chaplin scrive una lunga e appassionata lettera al figlio. Vuole raccontargli la storia vera del suo passato, quella che nessuno ha mai ascoltato, ed ecco che dalle sue parole scaturisce l'avventura rocambolesca di una vita e il ritratto di un'epoca rivoluzionaria.

Terzo posto per "La caduta" di Giovanni Cocco.



L'ira, la cecità, la catastrofe. La violenza dell'uomo e la collera della natura. Dal primo rintocco del terzo millennio fino al dolente epilogo delle colonne di profughi in marcia nella polvere, una tumultuosa trama di eventi un disordine scientifico e incontrollabile - infrange l'illusione di pace dell'Occidente e ne annuncia la dissoluzione. Parigi è stretta nel cerchio di fiamme e rabbia delle banlieue. Londra esplode per quattro volte in un giorno di luglio. New Orleans è un fantasma d'acqua dopo il grande uragano. I vulcani, in silenzio per decenni, resuscitano oscurando il cielo. Un presidente nero annuncia la morte dell'uomo che ha attentato alle torri. Il sangue scorre a Tunisi, al Cairo, a Bengasi. Il ragazzo dai capelli rossi uccide dentro un cinema. L'immensa nave si piega su un fianco per l'ultimo inchino. L'uomo vestito da poliziotto, sull'isola, spara senza pietà. "La Caduta" racconta gli sconvolgimenti che hanno segnato il primo decennio del nuovo secolo attraverso un impianto narrativo poderoso, ispirato alla Torah e al libro dell'Apocalisse e modellato sui cicli pittorici rinascimentali. Un romanzo implacabile e trascinante, in cui il flusso della storia permea il destino degli individui, e ciascun personaggio condanna gli altri a pagare il prezzo delle proprie scelte, a espiare il castigo o a trovare la redenzione.

Quarto posto per "Tentativi di botanica degli affetti" di Beatrice Masini


Tentativi di botanica degli affetti è un romanzo di Beatrice Masini, giornalista, scrittrice e traduttrice italiana della saga di Harry Potter. Questo romanzo rappresenta la sua prima opera dedicata agli adulti. Siamo agli inizi dell’Ottocento, e le rive del lago di Garda si tingono dei colori generosi offerti dalla primavera. Bianca è una giovane donna che ha ricevuto una buona educazione. Un giorno decide di lasciare il lago di Garda, dove è nata, per trasferirsi nella zona rurale che circonda la città di Milano. Qui si intrattiene da Don Titta, un celebre poeta. don Titta, oltre alla poesia, nutre una forte passione per l’agricoltura. Nella tenuta di sua proprietà, dove Bianca viene ospitata, Don Titta si dedica all’agricolutura sperimentale, oltre a coltivare fiori e piante esotiche nel giardino della villa di Brusuglio. Bianca, dotata di un grande talento nella pittura ad acquerello, è stata chiamata nella campagna milanese per dipingere gli splendidi fiori e le piante. Mentre dipinge, Bianca entra sempre di più a fare parte della grande famiglia che popola la villa. Bianca osserva attentamente i personaggi che percorrono i vialetti del giardino in fiore, che stazionano negli ampi salotti della villa. Tra i numerosi individui vi è anche Pia, una serva rimasta orfana che sembra abbia la preferenza di tutti. Bianca, incuriosita, decide di indagare sulle origini di Pia, convinta che vi sia qualcosa di nascosto nel passato della giovane, un segreto che don Titta e gli altri famigliari intendono mantenere tale. Tentativi di botanica degli affetti, di Beatrice Masini, è un romanzo avvincente ambientato nella campagna milanese dell’Ottocento.

Infine, quinto posto per "Geologia di un padre" di Valerio Magrelli



Negli ultimi dieci anni Valerio Magrelli ha raccolto, su foglietti sparsi, appunti riguardanti il padre. Quando quest'ultimo muore, quei documenti diventano un materiale prezioso, "il bandolo canoro di un'infinita matassa di storie": i viaggi in auto d'estate in giro per l'Italia; le avventure d'amore e morte durante la guerra; i desolati pomeriggi che l'uomo ormai maturo trascorre spingendo il genitore sul girello; il giorno in cui il figlio, armato di forbici, libera l'anziano febbricitante dal bozzolo del maglione; lo stupore di riconoscere, davanti allo specchio, un'espressione del viso che gli restituisce la ferrea legge dei vincoli genetici; gli abbracci, le risse, l'amore per Borromini o i folli scatti di rabbia. Diviso in 83 capitoli (numero che corrisponde agli anni vissuti dal protagonista), il libro scava fra ricordi e storia patria, mentre la biografia sfuma nella paleontologia, se non nella geologia... L'enigmaticità di questo iroso anti-eroe, e insieme la sua lontananza, suggeriscono infatti una possibile identificazione con i resti umani di origine preistorica trovati in Ciociaria, a Pofi, suo paese d'origine. Cosi narrando, Magrelli, orfano ad honorem e padre a sua volta, procrastina il congedo definitivo grazie al racconto, e non desiste, ma si maschera, fugge, scegliendo la digressione per scendere ancora più in profondità nella vita del capostipite, e mostrarne, oltre alle virtù, anche quei difetti che lo rendevano "un vecchio esacerbato e vulnerabile".
 
 
Dal 2004, viene consegnato anche il "Premio Campiello Opera Prima", al romanzo di un autore al suo esordio letterario. Questo premio è stato assegnato a "Cate, io" di Matteo Cellini



Cate, io è un romanzo in cui Matteo Cellini racconta una storia di discriminazione, di solitudine e di coraggio. E’ la storia di Caterina, una diciassettenne che vive ad Urbino assieme alla madre, al padre e ai fratelli Gionata e Oscar. Lei si sveglia,fa colazione con la sua famiglia e si prepara per andare a scuola. In tutte queste azioni è sempre Caterina, una ragazza normale. Appena però varca la soglia di casa, Caterina non è più Caterina. Subisce una trasformazione e diviene un’eroina dotata di super poteri. Lei diventa Cate-ciccia. Perchè Caterina non si sente normale a causa della sua obesità, ma cerca di combattere questa sua insicurezza con il coraggio. Solo quando è a casa con i parenti, anche loro obesi, si sente una persona normale. Non appena affronta il mondo esterno lei diventa vittima della discriminazione, diviene oggetto degli scherni e di altre crudeltà. Eppure Caterina non si scoraggia. Pur consapevole della sua condizione, mantiene un atteggiamento tenacemente fiero. Utilizza spesso l’arma dell’autoironia, in modo da spiazzare e disorientare i nemici. Non si fida di nessuno, evita i compagni di classe e l’ultima cosa che desidera è la compassione degli altri. Non è socievole e per mascherare l’umana insicurezza finge di non essere interessata all’approvazione degli altri. Simula indifferenza di fronte alle aggressioni psicologiche di cui è vittima. Intanto si avvicina il suo diciottesimo compleanno. Riuscirà Caterina ad abbattere il muro di diffidenza dietro al quale si è rifugiata per difendersi dalla crudeltà? Riuscirà ad essere Caterina e a percepire l’affetto di cui è circondata. Cate, io è un romanzo in cui Matteo Cellini affronta con sensibilità e delicatezza argomenti duri e difficili.

E' nata una star? - Nick Hornby

 
 
Cosa succede se la vicina di casa pettegola scopre che tuo figlio recita in un film porno e te ne mette una copia nella buchetta della posta? E' quello che succede a Lynn, che dapprima non riesce a credere che sia davvero il suo Mark quello che recita in quel video, quel figlio che “non fa mai niente”, ma soprattutto si rende conto del motivo per cui è stato scelto e cioè che ha l'attributo “più grande che lei abbia mai visto”.
Come si affronta quindi un argomento simile in famiglia? E' una cosa di cui ridere o no?
 
Il libro è carino, ironico, piuttosto divertente. Però l'impressione è che sembra solo una bozza, e che poteva svilupparlo maggiormente, magari andando anche in profondità su alcuni argomenti che tratta.
Si legge in due ore. Quello che mi lascia perplessa è che 10 euro per 73 pagine (anzi, comincia da pagina 9 quindi le pagine sono 64... più alcune bianche di fine capitolo..) sono uno sproposito. Io per fortuna l'ho preso in biblioteca. Ma le case editrici non le considerano queste cose?? Mah.
Mio voto: 6/10

 

giovedì 26 settembre 2013

Hotel du Lac - Anita Brookner



Edith Hope, scrittrice di narrativa romantica con una vaga somiglianza fisica con Virginia Woolf, è stata costretta a una breve pausa di riposo dopo aver compiuto "quel terribile gesto" (si scoprirà a metà libro di cosa si tratta). Gli amici vogliono assicurarsi che lei sia tornata pienamente in se stessa prima di riaccoglierla a casa.
E così Edith si ritrova in Svizzera, all'Hotel du Lac, che essendo ormai verso la fine della stagione accoglie poche persone, per lo più donne (Iris Pusey con la figlia Jennifer, che sono lì solo per fare shopping; Madame de Bonneuil; Monica col cagnolino Kiki).
In questo esilio forzato, Edith non smette per un istante di pensare a David, l'uomo sposato di cui è stata l'amante e che ama ancora immensamente. A lui scrive costantemente tenere lettere che però non spedisce.
Lentamente, approfondisce un po' i rapporti con queste donne e si accorge che pur avendo sempre creato i suoi personaggi dei romanzi, in realtà non è una buona conoscitrice delle persone reali.
Finchè, in occasione di un convegno (o qualcosa di simile) l'hotel si riempie di uomini e tra questi, Philip Neville, che manifesta interesse nei confronti di Edith, portandola in un paio di occasioni a passeggiare. Nasce un rapporto un po' strano con questo uomo che sa leggerle dentro e capire bene, senza che lei dica niente, il motivo per cui è in quel luogo.
"Quello di cui lei ha bisogno, Edith, non è l'amore. Quello che le serve è la posizione sociale. Quello che le è necessario è il matrimonio"
Il soggiorno all'hotel du Lac diventa così la scusa per fermarsi a riflettere sugli avvenimenti che l'hanno condotta lì.

Ho trovato questo libro sullo scaffale dei libri suggeriti in biblioteca. Era accattivante e me lo sono preso. Un romanzo d'amore durante l'estate ci sta sempre bene. Senonchè l'ho trovato terribilmente lento e anche abbastanza noioso. La riflessione di Edith sulla sua vita non riesce ad essere profonda quanto lo sarebbero gli argomenti da trattare. Si approfondiscono un attimo nel momento in cui entra in scena il signor Neville, che sembra un uomo così riflessivo, così intuitivo, e poi ne esce con un egoismo notevole. Egoismo presente un po' in tutti i personaggi di contorno, come ad esempio la signora Pusey che invita Edith perchè non le piace vedere la gente da sola poi però la intontisce di parole senza ascoltare quello che invece lei potrebbe aver da dire.
In effetti, le parti più tenere e romantiche del romanzo sono le lettere che Edith scrive (e non spedisce) a David.
Al capitolo 9 si scopre il fattaccio, che non vi racconto per lasciarvi almeno un po' di sorpresa (a meno che non leggiate l'interno della copertina...).
Ho letto che Edith è una eroina degna della penna di Jane Austen. Ma per carità. Questo libro avrà anche vinto il Booker Prize nel 1984, ma lasciamo perdere il confronto con Jane Austen!

Mio voto: 6/10



lunedì 2 settembre 2013

La donna mancina - Peter Handke



Senza capo né coda. Questa è la prima impressione che ho avuto leggendo e poi chiudendo questo libro. Tant'è che faccio fatica anche a farne un riassunto.
C'è questa donna, che scopriamo chiamarsi Marianne ma è un dettaglio, viene praticamente sempre chiamata “la donna”. Poi c'è “il bambino”, suo figlio.
L'uomo. L'attore. L'editore. L'autista. La commessa. Tutte figure generiche, senza una vera collocazione né nello spazio né nel tempo.
Ho letto in internet che è un libro sulla solitudine, e su questo posso anche in parte concordare. Però una solitudine che la protagonista si autoinfligge, di punto in bianco, dopo una notte romantica col marito, ritornato da una lunga assenza di lavoro.
“Una cosa ti volevo dire, Marianne: io lassù ho pensato a te, e a Stefano, e dopo tutti questi anni che stiamo insieme avevo per la prima volta la sensazione che davvero ci apparteniamo. Mi veniva di colpo la paura d'impazzire in un modo orribilmente doloroso, un modo che nessuno ha mai provato. Tante volte ti ho detto che ti amo, ma solo ora mi sento legato a te. Sì, per la vita e per la morte. E lo strano è che, ora che l'ho provato, potrei a momenti fare a meno di voi”.
Dopodiche lei ha l'illuminazione che lui se ne vada e lui senza battere ciglio dice ok nel pomeriggio porto via le mie cose. Lei allora gli suggerisce di andare a vivere con Franzisca, loro amica e maestra di Stefano, che è appena stata lasciata dal compagno.
“No. Non vorrei essere felice, al massimo contenta. Ho paura della felicità. Credo che non ci resisterei, qui, nella testa. Diventerei pazza, per sempre, o morirei”.
Arriva addirittura il padre di Marianne per aiutarla, ma lui per primo ha dei problemi con la solitudine. “Sono così solo che la sera prima di dormire non ho nessuno su cui poter riflettere, semplicemente perchè durante il giorno non sono stato con nessuno”.
Poi c'è questa scena finale, in cui tutte ste persone, sole, si ritrovano a casa di Marianne (peraltro, in gruppo si divertono pure) che intanto se ne sta in disparte guardando fuori dalla finestra.
Una sintesi della situazione la fa Franzisca quando dice “abbiamo la sensazione al momento che in testa ci si sia chiarito quasi tutto, ma che ciononostante la vita stia da qualche altra parte”. Come dice la citazione post romanzo di Goethe “...si continua a vivere come se di nulla si trattasse”.
Sinceramente mi sembra più un romanzo sull'apatia. E quello che mi dispiace è che non si capiscano le motivazioni dietro a questo voler allontanare tutto e tutti. Ma sinceramente non mi addentro in discussioni filosofiche che non sono il mio campo né le apprezzo in modo particolare.
Il titolo del romanzo è il titolo di una canzone che Marianne ascolta spesso perchè la adora, la donna mancina in quanto maldestra, diversa dalle aspettative.
Il romanzo ha sicuramente uno stile particolare. Sembra essere scritto “a flash”, tante immagini accostate, con salti tra una e la successiva. Ho letto che lo stesso scrittore è stato il regista del film tratto da questo libro; in effetti, credo che chiunque altro avrebbe fatto fatica ad interpretarlo...

Mio voto: 5/10