sabato 21 aprile 2012

Body Art - Don DeLillo



Mah. Quando chiudo un libro e la prima cosa che mi viene da dire è “mah”, allora c'è qualcosa che non va.
Avevo letto delle belle recensioni, addirittura entusiastiche, su questo libro, ma ciò che ne penso io non è di quel genere.
Intanto il titolo. Irrilevante per ciò di cui parla il libro. Che sia una body artist o meno, non cambierebbe la sostanza. Il suo mestiere viene citato un paio di volte, ma senza che abbia davvero una grande importanza per la storia.
Il libro inizia raccontando una mattinata in cucina, con la routine tra due coniugi che parlano ma non si ascoltano a vicenda.
Poi lui, Rey Robles, regista, esce di casa, si reca ad insaputa di tutti nell'appartamento di Manhattan della sua prima moglie e si spara. La body artist, Lauren Hartke, è la sua terza moglie.
Comincia allora la vita di Lauren dopo la morte di Rey, e la solitudine che prova.
Lauren passa il tempo a pulire, rifornire la dispensa, tagliare la legna, guardare per innumerevoli ore una webcam puntata su una strada a due corsie di una cittadina finlandese chiamata Kotka, organizzando “il tempo fino a quando non avrebbe potuto ricominciare a vivere”.
Finchè una mattina sente nuovamente quel rumore di cui aveva spesso parlato a Rey, pensando si trattasse di uno scoiattolo che non erano mai riusciti a vedere. Ma questa volta Lauren trova un piccolo uomo seduto sul bordo del letto di una stanza usata come ripostiglio. Un uomo che non parla se non riproducendo con la stessa voce di Rey, alcune frasi da lui dette quando era in quella casa e che lei decide di chiamare Mr. Tuttle, per la somiglianza con un professore di scuola che glielo ricordava. “Forse era solo pazzo. Un matto che tenta di vivere attraverso le voci di altre persone”. E tutto sommato Lauren si “affeziona” a questa presenza che le riporta “in vita” il suo Rey.
Quello che ne segue è il rapporto ambiguo che si crea con questo uomo, che lei tratta quasi come un bambino. Pagine deliranti di sofferenza, a tratti un po' confusionarie. 
E sinceramente la rappresentazione teatrale che ne fa mi ha lasciato spiazzata. 
Mi “concedo” il beneficio del dubbio di non averlo capito come meritava. 
Mio voto: 5/10

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